mercoledì 4 febbraio 2015

I pulcini sanno 'contare' da sinistra a destra, come l'uomo.





I pulcini sanno 'contare', nel senso che ordinano le grandezze da sinistra verso destra, proprio come fa l'uomo.

Il risultato, pubblicato sulla rivista Science e frutto di uno studio italiano, è una prova ulteriore a favore dell'ipotesi che la rappresentazione spaziale delle grandezze matematiche, orientata da sinistra a destra, sia una capacità innata, che si è evoluta milioni di anni fa, ben prima che gli antenati dell'uomo si separassero da quelli degli uccelli.

L'esperimento è stato condotto dal gruppo dell'università di Padova coordinato da Rosa Rugani, in collaborazione con il gruppo dell'università di Trento guidato da Giorgio Vallortigara. "La dimostrazione che i pulcini associno numeri piccoli a sinistra e numeri grandi a destra evoca il famoso fenomeno della linea numerica mentale umana, dove i numeri sono rappresentati in ordine crescente da sinistra a destra'', osserva Rosa Rugani, al momento della ricerca assegnista all'Università di Padova e ora in forza al Centro Mente/Cervello (Cimec) dell'Università di Trento.
>br>"Questa ricerca - aggiunge - suggerisce che la predisposizione a mappare in questo modo i numeri nello spazio sia incorporata nell'architettura dei sistemi neurali degli organismi".

Dopo avere addestrato pulcini a trovare del cibo dietro ad un pannello raffigurante 5 quadratini posto davanti a loro, i ricercatori hanno osservato la reazione degli animali davanti a due pannelli identici, uno alla sinistra e uno alla destra del pulcino.
Entrambi i pannelli raffiguravano lo stesso numero di quadratini diverso da 5 (il numero appreso durante l'addestramento). In un caso, i due pannelli raffiguravano entrambi 2 quadratini, in un'altra condizione ne raffiguravano 8. Ebbene, di fronte a 2 quadratini i pulcini cercavano il cibo dietro al pannello di sinistra (il 70% delle volte), mentre quando i quadratini erano 8 gli animali si dirigevano verso destra (il 71% delle volte)

giovedì 27 marzo 2014

Facebook: scopri perchè fa bene alla salute.

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Postare su Facebook fa bene alla salute

Secondo uno studio, scrivere uno stato su Facebook aiuta a far sentire meno sole le persone.
Già da tempo si discute sull'utilità dei social network e sul loro impatto nella nostra vita: facilitano le relazioni o allontanano dalla realtà?



La questione è stata approfondita da uno studio pubblicato sul Social Psychologichal and Personality Science Journal, con lo scopo di verificare se gli aggiornamenti di stato su Facebook aumentino o diminuiscano la solitudine delle persone.

Da un lato la ricerca ha dimostrato come le amicizie reali siano sempre le più efficaci per la felicità delle persone. Eppure si è notato come anche postare regolarmente sui social network faccia bene all'umore.

Questo gesto, infatti, aiuta a ridurre la sensazione di solitudine, facendo sentire le persone più connesse agli amici.
Questo sembra avvenire a prescindere dal fatto che ci sia o meno un feedback di qualunque tipo (commenti o mi piace) a quanto postato sui social.

mercoledì 26 marzo 2014

Amore: ecco la formula matematica per trovare il partner ideale!

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Come faccio a trovare la donna perfetta, la compagna ideale della mia vita? Una domanda che se sono posti in molti e che oggi ha una risposta: basta una formula matematica. Si tratta di un algoritmo che capovolge la classica concezione che abbiamo dell’amore. Non solo frutto di incontri casuali, di colpi di fulmine, l’amore si può trovare anche grazie ad un calcolo matematico.



A scoprire la “formula dell’amore” per trovare la donna perfetta è stato Chris McKinlay, matematico 35enne della University of California. La sua storia – accaduta realmente, ha davvero dell’incredibile.

L’idea è nata da alcune domande che si è posto lo stesso matematico dopo essersi iscritto al sito di incontri online OkCupid, uno dei più famosi negli Stati Uniti: Perchè non riesco a trovare una fidanzata? Cosa ha il mio profilo che non va? La soluzione non era lontana, e McKinlay l’ha trovata proprio “fra i numeri”.

McKinlay ha in primo luogo studiato il funzionamento del sito OkCupid. Si crea un profilo, si risponde ad una serie di domande, e un algoritmo collega tra loro i profili potenzialmente compatibili. Analizzando queste caratteristiche, McKinlay ha trovato la soluzione hai suoi problemi: cambiare i criteri di accoppiamento così da migliorare la possibilità di trovare la donna che fa per lui.

Così ha studiato le abitudini degli utenti del sito, ha creato dei profili falsi per capire quali parametri modificare per avere maggior visibilità, ha testato diverse foto per capire quali avevano maggiore successo e infine, dopo aver ricevuto migliaia di richieste di appuntamento, ha messo su un programma che gli permette, senza dover controllare singolarmente ogni richiesta, di scartare tutte le proposte non adatta alle sue esigenze.

Ecco come è stata scoperta la formula matematica che gli ha consentito di trovare la donna perfetta. In realtà, il passaggio dal mondo virtuale di internet a quello reale degli incontri faccia a faccia non è stato così semplice. McKinlay ha dovuto incontrare 87 donne prima di conoscere quella “perfetta”, la numero 88. Lei si chiama Christine Tien Wang ha 28 anni e presto si sposeranno.

martedì 25 marzo 2014

Google Glass features

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Ecco il dispositivo che ti dice quanto sei concentrato.

Lo ha sviluppato un’équipe della Tufts University: grazie a degli impulsi di luce è in grado di monitorare l’attività cerebrale. E i suoi creatori vogliono implementarla come google glass features. Ok, Glass. Dimmi se sono pronto a scrivere un altro articolo”. Potranno essere anche di questo tenore le domande che in futuro rivolgeremo agli occhiali di Google, se il lavoro dell’équipe di Dan Afergan, della Tufts University di Medford, Massachusetts, dovesse andare in porto. Gli scienziati hanno infatti appena creato un dispositivo che usa la luce per misurare il livello di concentrazione di chi lo indossa, stabilendo se è abbastanza attento per proseguire con il lavoro o se è il caso che si prenda una piccola pausa relax.


Come racconta il NewScientist, il nuovo sistema google glass features invia degli impulsi di luce – 12 al secondo – alla corteccia prefrontale, misurando i fotoni riflessi dall’emoglobina ossigenata e deossigenata presente nel sangue. Attività cerebrali più difficili, infatti, fanno sì che arrivi più sangue ossigenato al cervello, variando di fatto l’assorbimento e la riflessione della luce. Un software messo a punto dagli scienziati, a questo punto, interpreta i segnali e riferisce al soggetto, in tempo reale, qual è il suo livello di concentrazione. La tecnica si chiama spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNirs).

Il sistema, che nella versione prototipale (google glass features) è abbastanza ingombrante – un insieme di fibre ottiche collegate a una matrice di led posti sulla fronte del soggetto da monitorare e un aggeggio che converte gli impulsi luminosi in segnali elettrici – non è destinato a languire in laboratorio ancora per molto tempo, assicurano i suoi creatori. Afergan e colleghi, infatti, stanno cercando di integrare il loro dispositivo all’interno degli occhiali di Google: “Sono perfetti”, racconta lo scienziato. “Non c’è bisogno di molta fantasia per immaginare di incorporare un chip fNirs nelle stanghe degli occhiali”.

L’applicazione più intrigante sembra essere un sistema di navigazione per le automobili in grado di adattarsi al livello di attenzione del guidatore. Quando questi è massimamente concentrato, il sistema gli mostra solo le informazioni base tramite avvisi sonori; nei momenti di distrazione, il dispositivo potrebbe intervenire per svegliarlo e fornirgli più istruzioni.

L’équipe ha in mente anche di adattare Google Now (sempre come google glass features) – l’assistente digitale messo a punto da Big G – in modo tale che invii notifiche all’utente solo quando la sua mente è abbastanza sgombra.

giovedì 20 marzo 2014

Siamo fatti di stelle



"Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell'universo ci sono più di cento miliardi di galassie.
Pensare di essere unici è molto improbabile"

Come nasce l'amore? Ecco i segreti della chimica...

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A differenza di letteratura, filosofia e psicologia, secondo la scienza il “mistero dell’amore” è presto svelato: si tratta di una reazione chimica veicolata da neurotrasmettitori. Fine. E tanti saluti al buon vecchio romanticismo.


I “luoghi del delitto”, infatti, sono quelle zone del cervello dove, come buoi allo stato brado, impazzano le emozioni e gli istinti più inconsci. Al verificarsi di determinate condizioni, tali impulsi entrano in comunicazione con le aree cerebrali di livello cosciente, e vengono da esse rielaborati e trasformati in veri e propri pensieri, scatenando ciò che tutti noi conosciamo: la sciaguratissima “tempesta ormonale”, che ci travolge ogni volta con momenti di super-fanta-iper felicità, e successive mazzate che ci stendono ko per 6 mesi.

Detto questo, ciò che accade è un’azione a delinquere tra reazioni chimiche e neurotrasmettitori che, attraverso le emozioni, comunicano alla coscienza un’inclinazione erotico-sentimentale verso uno specifico soggetto. In poche parole: oddio, ci siamo innamorati un’altra volta!

Il ruolo, in tutto questo, della volontà dell’individuo, è assolutamente nullo, proprio come “nullo” sarà il livello di autocontrollo mentale esercitato da un soggetto in balia della summenzionata tempesta. Ma, per il piacere della Bridget Jones che è in ognuno di noi, da adesso in poi potremo finalmente affermare che, in verità, la colpa non è delle nostre facoltà intellettive, improvvisamente regredite a plancton primordiali… Bensì, è da imputare alle deleterie sostanze imprescindibilmente prodotte dal nostro corpo.

In proposito, facciamo subito qualche esempio pratico: chi di noi, in presenza della persona desiderata, non ha mai assistito al tragico fenomeno della desertificazione salivare, rendendosi conto con orrore di non riuscire più a spiccicare parola? La causa, come anticipato, non è da ravvisarsi nell’istantanea atomizzazione delle facoltà intellettive: si tratta soltanto di un tipico effetto dell’ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, la “noradrenalina”, responsabile tra l’altro anche degli sgradevolissimi sbalzi di sudorazione che, soprattutto durante il primo appuntamento, possono trasformarsi in veri e propri disastri biologici!

Ora, Grande Fratello della noradrenalina è un neurostrasmettitore noto anche come “molecola dell’agitazione”: la famigeratissima “adrenalina”. Quante volte abbiamo sentito l’espressione “Ho le farfalle nello stomaco”? Bene, adesso sappiamo che non dipende dalla peperonata mangiata la sera prima e, sempre all’adrenalina dovremo ricondurre anche la tipica sensazione, connaturata al momento dell’innamoramento, di invincibilità contro tutti e contro tutto.

Come se non bastasse, a questo punto ci pensa la terza delle Tre Grazie, la “dopamina”, a infliggere il colpo finale alla nostra dignità. E se normalmente, dopo terrificanti figure barbine in presenza dell’agognato, potenziale partner, la conseguenza più saggia sarebbe la migrazione verso paesi lontanissimi, proprio grazie alla dopamina l’imperativo che verrà pompato al nostro cervello sarà quello di “desiderare e desiderare e desiderare ancora”.

Risultato: per provare nuovamente (l’illusorio) piacere provato stando accanto al nostro partner, la spinta biologica ci porterà a reiterare qualsiasi azione (cioè suicidio sociale), pur di vederlo ancora, parlargli ancora, sfiorarlo ancora. Ancora, ancora e ancora!

La conclusione è soltanto una: l’amore, in realtà, è come l’influenza. Basta prendersi cura di sé e prima o poi passa!

mercoledì 19 marzo 2014

La Guinnes è davvero migliore se bevuta in Irlanda?

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Spesso si ripete che la Guinness, la birra più famosa d’Irlanda, ha un gusto migliore nel paese di origine rispetto a quella che si può bere nel resto del mondo. Un gruppo di ricercatori olandesi ha deciso di scoprirlo, e ha girato l’Europa per assaggiare boccali di Guinness nei vari paesi e confrontarne il sapore.



“Diverse teorie possono spiegare i risultati che i ricercatori hanno ottenuto”

La prima è quella della cosiddetta teoria della cospirazione, secondo cui la Guinness produce tre diverse qualità di birra: la migliore per i suoi dipendenti, la seconda per gli irlandesi, la peggiore per l’esportazione.

Abbiamo incluso un test nel birrificio Guinness di Dublino per investigare il fenomeno, ma il gradimento complessivo non sono state le più elevate, probabilmente perché il birrificio non ha l’ambientazione tipica di un Irish Pub.

Questo spinge verso la seconda teoria, che l’ambientazione sia fondamentale. Senza dubbio l’ambiente di un Irish Pub e di un oste irlandese rende l’esperienza di bere una Guinness più piacevole. L’ambientazione spiega in effetti la variazione di alcuni punteggi raccolti.

L’ultima teoria è che la regolarità con cui le pinte di Guinness sono spinate nei pub irlandesi assicura che i clienti ricevano birra che non è stata ferma a lungo, e quindi sempre fresca e cremosa. Anche in questo caso abbiamo avuto dei riscontri per questa teoria”.